« Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio » (Lc 6,37-38).

[Gesù] dice anzitutto di non giudicare e di non condannare. Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nessuno può diventare giudice del proprio fratello. Gli uomini, infatti, con il loro giudizio si fermano alla superficie, mentre il Padre guarda nell’intimo. Quanto male fanno le parole quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invidia! Parlare male del fratello in sua assenza equivale a porlo in cattiva luce, a compromettere la sua reputazione e lasciarlo in balia della chiacchiera. Non giudicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere ciò che di buono c’è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto. Ma questo non è ancora sufficiente per esprimere la misericordia. Gesù chiede anche di perdonare e di donare. Essere strumenti del perdono, perché noi per primi lo abbiamo ottenuto da Dio. Essere generosi nei confronti di tutti, sapendo che anche Dio elargisce la sua benevolenza su di noi con grande magnanimità” (Papa Francesco, Misericordiae Vultus, 14).

Opere di misericordia spirituale: Perdonare volentieri coloro che ci offendono – Leggi: Mt 6, 14-15; Mt, 18,21-35
“Gesù torna sempre a esortarci a perdonare il fratello o la sorella.. La comunità cristiana.. può sussistere solo se fratelli e sorelle si perdonano a vicenda. Il perdono è la condizione essenziale alla convivenza in famiglia, in comunità e anche sul posto di lavoro. .. Il perdono avviene in quattro fasi successive. 1. Non sorvolo sul mio dolore – non devo minimizzare o scusare troppo in fretta l’offesa dell’altro… che mi ha fatto male. 2. Ammettere la rabbia. La rabbia è la forza di gettare fuori di me chi mi ha ferito.. Prima di tutto ho bisogno di distacco da chi mi ha offeso. Allora torno in me. E posso anche trasformare la rabbia in forza: ‘Non mi lascio distruggere da chi mi offende.. La mia dignità è dentro di me. Non dipendo dal suo giudizio’. 3. Osservare in maniera obiettiva ciò che è successo… Non scuso, ma nemmeno accuso: cerco semplicemente di capire. 4… Libero dal potere dell’altro che mi ha offeso.. mi libero dell’energia negativa.. ancora dentro di me a motivo dell’offesa subita.. [allora] viene il perdono vero e proprio.. Ciò non significa che gli butto subito le braccia al collo. Può darsi.. che io abbia ancora bisogno di un tempo piuttosto lungo di distacco, perché il perdono possa farsi strada in me, affinché non rimanga soltanto un atto volontaristico, ma penetri anche nel mio cuore.. Spesso c’è bisogno di molto tempo prima che il perdono scivoli nel cuore. ‘Volentieri’ significa che vorrei perdonare di tutto cuore.. [perché] per me e per l’altro è meglio perdonare anziché serbare rancore per la colpa” (A. Grǜn, Le sette opere di misericordia, Queriniana).

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