La carità “tutto crede” (1Cor 13,7)

”Per il contesto, non si deve intendere..“fede” in senso teologico, bensì in quello corrente di ‘fiducia’. Non si tratta soltanto di non sospettare che l’altro stia mentendo o ingannando. Tale fiducia fondamentale riconosce la luce accesa da Dio che si nasconde dietro l’oscurità, o la brace che arde ancora sotto le ceneri. Questa stessa fiducia rende possibile una relazione di libertà. Non c’è bisogno di controllare l’altro, di seguire minuziosamente i suoi passi, per evitare che sfugga dalle nostre braccia.

L’amore ha fiducia, lascia in libertà, rinuncia a controllare tutto, a possedere, a dominare. Questa libertà, che rende possibili spazi di autonomia, apertura al mondo e nuove esperienze, permette che la relazione si arricchisca e non diventi una endogamia senza orizzonti. In tal modo i coniugi, ritrovandosi, possono vivere la gioia di condividere quello che hanno ricevuto e imparato al di fuori del cerchio familiare. Nello stesso tempo rende possibili la sincerità e la trasparenza, perché quando uno sa che gli altri confidano in lui e ne apprezzano la bontà di fondo, allora si mostra com’è, senza occultamenti. Uno che sa che sospettano sempre di lui, che lo giudicano senza compassione, che non lo amano in modo incondizionato, preferirà mantenere i suoi segreti, nascondere le sue cadute e debolezze, fingersi quello che non è. Viceversa, una famiglia in cui regna una solida e affettuosa fiducia, e dove si torna sempre ad avere fiducia nonostante tutto, permette che emerga la vera identità dei suoi membri e fa sì che spontaneamente si rifiuti l’inganno, la falsità e la menzogna” (Papa Francesco, Amoris Laetitia, 112.113). (Papa Francesco, Amoris Laetitia, 114-115).

“Anche se stanco e spossato, uomo, non ti riposare, non abbandonare la tua lotta solitaria, continua, non ti riposare. Batterai sentieri incerti e aggrovigliati, non salverai forse, che qualche povera vita, ma non perdere la fede, uomo, non ti riposare. La tua stessa vita ti consumerà e ti sarà ferita, crescenti ostacoli sorgeranno sul tuo cammino: uomo, caricati di questi pesi, non ti riposare. Salta al di là delle pene e degli affanni. Pure se fossero alti come le montagne. E anche se non intravedi che campi aridi e sterili, ara, uomo, questi campi, non ti riposare. Il mondo sarà avvolto nelle tenebre, sarai tu a gettarvi luce, disperderai l’oscurità che lo circonda. Anche quando la vita ti abbandona, uomo, non ti riposare” (Gandhi).

“Credo in Dio, e credo nell’uomo come immagine di Dio. Credo negli uomini, nel loro pensiero, nella loro sterminata fatica che li fa essere quello che sono. Credo nella vita come gioia e come durata: non prestito effimero dominato dalla morte ma dono definitivo. Credo nella vità come possibilità illimitata di elevazione e di sublimazione. Credo nella gioia: la gioia di ogni stagione, di ogni tappa, di ogni aurora, di ogni tramonto, di ogni volto, di ogni raggio di luce che parta dal cervello, dai sensi, dal cuore. Credo nella possibilità di una grande famiglia umana quale Cristo la volle: scambio di tutti i beni dello spirito e delle mani, nella pace. Credo in me stesso, nella capacità che Dio mi ha conferito perché possa esperimentare la più grande delle gioie che è quella di donare e di donarsi” (P. Giulio Bevilacqua).

Liturgia della parola 5 Quaresima anno A: Ez 37,12-14; Rom 8,8-11; Gv 11, 1-45

Giovedì: Ora di adorazione, alle 17Venerdì: Via Crucis, alle 17

#